Due settimane sono veramente troppo poche per tentare di comprendere e descrivere, anche solo a grandi linee, una cultura plurisecolare, impregnata da un’esperienza religiosa che ha radici antiche e una storia millenaria. Ma questo non impedisce di godere del profondo senso religioso che i templi buddisti permettono di percepire e respirare.
Due settimane sono veramente troppo poche per tentare di comprendere e descrivere, anche a grandi linee, una società che, per come appare, è altamente evoluta, in alcuni casi si direbbe quasi… perfetta, e nella quale è difficile individuare le crepe, che comunque caratterizzano ogni esperienza umana.
Due settimane sono veramente troppo poche per tentare una seppur iniziale comprensione dei caratteri di una lingua il cui alfabeto e la cui costruzione delle frasi sono completamente differenti da quelle occidentali. Ma si possono imparare alcune parole fondamentali: grazie, ciao, ti voglio bene.
Per come è fatto il cuore, però, due settimane possono non essere poche per intuire alcuni caratteri dell’esperienza umana alla quale si partecipa. Per questo credo non sia azzardato tentare di comunicare quello che ho vissuto a livello umano e di familiarità servitana nelle due settimane che, per la benevola insistenza di suor Loretta, ho vissuto con le suore della Delegazione di Corea (15 – 30 maggio).
Grazie a una fraternità semplice e molto bella, ho potuto visitare alcuni dei luoghi più significativi dove si ricordano i tanti martiri Coreani. Sono stato accompagnato nella visita di alcuni dei luoghi più importanti legati all’esperienza Buddista. Ho potuto godere di alcuni aspetti della plurisecolare storia dei Regni di Corea. Santuari, templi, palazzi reali, ognuno con storie di uomini e donne legate a quel luogo. Ho conosciuto la impressionante storia di carità messa in piedi da un missionario Oblato di Maria Immacolata italiano, ma divenuto coreano, padre Vincenzo.
Ho avuto la possibilità di offrire in tre incontri – uno con le suore della Delegazione, un secondo con un gruppo di donne legate al carisma del beato Ferdinando Baccilieri e un terzo a suore di differenti congregazioni “mariane” – alcune riflessioni su “Maria nella storia” e anche sulla storia delle origini dei Servi. Questi incontri sono stati possibili grazie all’impegnativo lavoro di traduzione di suor Anna e di padre Damiano, che ringrazio di cuore. Ho anche incontrato due dei responsabili del seminario interdiocesano di Suwon: in questo caso, tra francese e inglese, ce la siamo cavata!
Sembra una frase fatta, ma è vero: ho ricevuto molto più di ciò che ho portato, e mi porto a casa alcuni piccoli “tesori”.
Il fatto di non comprendere una parola della lingua Coreana non è stato esperienza di “isolamento”, come si potrebbe pensare. L’attenzione degli occhi, delle orecchie e del cuore mi permetteva di intuire – forse in maniera più profonda di quando si comprende la lingua – le dinamiche e le caratteristiche delle persone… Ecco: il primo dono per me è stato che ho incontrato suore liete – papa Francesco ne sarebbe contento! – e che comunicano tra di loro tanto, proprio tanto di quello che vivono. Sorelle di differenti generazioni che vivono lietamente la loro consacrazione, la missione e la fraternità, attraverso preghiera, condivisione dei pasti, momenti di ricreazione, servizio.
Una seconda esperienza è stata che il motivo “ufficiale” per il quale sono andato (condividere alcune riflessioni sui temi indicati) è divenuto subito “secondario” rispetto al legame con l’Ordine, desiderato in maniera impressionante dalle suore. Ho visto e imparato un attaccamento alla nostra Famiglia servitana che mi edifica.
Ho visto – ed è una terza scintilla di bellezza – come le sorelle siano inserite nel tessuto della realtà nella quale vivono, come sono amate dalla gente. Alcuni amici incontrati – in particolare Paolo e Veronica e due sacerdoti – mi hanno impressionato per l’amore all’esperienza che le sorelle portano avanti e quindi per l’amore alle sorelle stesse.
Il giorno dopo il mio rientro ho incontrato una cara amica che mi ha chiesto com’era andata. Appena le ho raccontato qualcosa mi ha detto: «Ti brillano gli occhi: hai lasciato un pezzo di cuore là».
Non so se è così; ma certo alcuni volti e nomi delle mie sorelle in Corea sono “piantati” nel mio cuore: Agnese, Annette, Fabiola, Veneranda, Giuliana, Anna, Lucia, Marta, Silvia, Margherita, Elena, Defrica, Eufrosia… ognuna con le caratteristiche proprie, di cui ho goduto.
Due settimane possono essere poche; ma possono anche essere un bel “tesoro”! Camsanita! Grazie!
fra Franco M. Azzalli, osm comunità di formazione “Sant’Alessio Falconieri” di Roma



